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Stampa 3D più sostenibile grazie agli scarti del settore tessile

Sono numerosi gli articoli su questo Osservatorio che hanno come protagonista la bergamasca Albini Group o, più nel dettaglio, Albini Next, l’Innovation HUB di Albini, nato nel 2019 con l’obiettivo di trovare via via risposte innovative ai temi della sostenibilità: Centro di Ricerca, Laboratorio, importante punto di partenza per nuove frontiere dell’innovazione, think tank per il trasferimento tecnologico. Importanti premi ricevuti, progetti di innovazione attivati con molteplici focus, dai materiali nuovi, sostenibili, a quelli tracciabili, sino agli antivirali.

Protagonista di oggi è l’avvio del Progetto Weav3d che mira all’analisi di biopolimeri compositi per l’applicazione nella stampa 3D. L’obiettivo è dunque quello del recupero delle fibre tessili per andare a creare un nuovo materiale, costituito da componenti diversi, bio-based o riciclabili. Attività già in uso per il Laboratorio di Albini Next, che in questo progetto cerca di muovere un passo oltre, ancor più nelle direzione della sostenibilità, per riadattare il materiale nella stampa 3D.

Abbiamo riportato numerose notizie sulle più innovative applicazioni della stampa 3D, dal campo medico, alla moda, sino all’architettura. Quello di cui non abbiamo letto è invece la ricerca di risposte concrete alle preoccupazioni in termini di sostenibilità: è possibile l’utilizzo di consumabili in grado di avere un impatto più ridotto sull’ambiente?

Il Progetto Weav3d si muove nella ricerca di una risposta affermativa. È così stata avviata una fase di esplorazione di materiali sino allo sviluppo di due polimeri mixati con la fibra di cotone. Entrambi riciclabili, un polimero è flessibile, l’altro più rigido e bio-based, acquisiscono una maggiore resistenza grazie all’addizione delle fibre tessili oltre che la colorazione della fibra stessa, senza la necessità di aggiunta di pigmenti.

Partner di Progetto la startup innovativa MixCycling, con sede a Breganze in provincia di Vicenza specializzata nel dare una nuova vita agli scarti organici della produzione, dal sughero, al riso, la camomilla, il caffè, ecc; Nazena, altra startup innovativa e vicentina, specializzata nell’economia circolare per il recupero delle fibre tessili; PSCT Digital Lab, società creativa che testa i materiali sviluppati.

Attualmente il Progetto è ancora in fase di realizzazione e punta allo sviluppo di nuovi interessanti blend sostenibili. Cercheremo di non perdere i prossimi aggiornamenti!

RadiciGroup presenta un abito al 100% naturale ricavato dai fagioli

L’impegno della moda a favore di una transizione di settore orientata a una sempre maggiore etica ambientale porta moltissime Aziende a scommettere sulla ricerca di filati ecologici alternativi ai tradizionali. Negli ultimi anni abbiamo spesso raccontato delle innovazioni in questo campo, trattando di materiali tessili derivati dal marmo, dal granchio, o dagli scarti di produzione del cotone.

Parleremo oggi di Biofeel® eleven, filato completamente naturale derivato da un piccolo fagiolo indiano chiamato Eranda, e dell’abito realizzato da RadiciGroup con il nuovo ed tessuto ecologico, presentato durante il Phygital Sustainability Expo 2023, primo evento italiano dedicato alla transizione ecologica di moda e tessile attraverso l’innovazione tecnologica e organizzato dall’Associazione Sustainable Fashion Innovation Society.

La storica azienda bergamasca, leader mondiale nella produzione di poliammidi, tecnopolimeri e fibre sintetiche per un’ampia gamma di applicazioni, non è neofita in ambito di tutela ambientale. Quello della sostenibilità è un concetto caro al gruppo, che ha scelto di fare della trasparenza un valore e della responsabilità nei confronti delle risorse umane e naturali un baluardo del proprio business: dal bilancio di sostenibilità, alla realizzazione di prodotti da materie prime riciclate o naturali e con fonti energetiche rinnovabili, passando dalla definizione di codici di condotta dei fornitori e dei clienti.

Il tessuto realizzato in Biofeel® eleven è al 100% bio-based e al 100% riciclabile, secondo i principi di economia circolare. Il fagiolo del ricino da cui viene estratto il polimero per il filato di RadiciGroup è coltivato in India, in terreni semiaridi non concorrenziali alla produzione alimentare.

L’abito lungo che ha sfilato in occasione della “sfilata narrata” del Phygital Sustainability Expo 2023 e allestita al Museo dei Fori Imperiali di Roma, si caratterizza come ecologico anche per le peculiarità della sua produzione. La tecnologia WholeGarment di Shima Seiki impiegata permette di realizzare il capo direttamente dalla bobina di filato: un pezzo unico senza cuciture. Sono così stati evitati sprechi di energia e scarti di lavorazione.

Le performance tecniche, oltre che estetiche, del tessuto sono ottimali e rendono l’impiego di Biofeel® eleven ideale nell’abbigliamento, ma anche in altri ambiti, quali dell’arredo o dell’automotive. Limitato assorbimento d’acqua, leggerezza e resistenza alla deformazione: questi alcune delle peculiarità del filato, tali da garantire buone prestazioni e durevolezza.

Come smaltire le micro plastiche? Trasformandole in proteine, grazie al Progetto ProPla

Sempre più frequentemente, qui su Osservatorio Innovazione, si intrecciano storie di innovazione e sostenibilità. Spesso, ci capita di raccontare le soluzioni sviluppate dalle Aziende del nostro territorio, per contrastare l’avanzata della minaccia ambientale legata all’uso e allo smaltimento della plastica. Oggi vi racconteremo invece del Progetto “ProPla – Proteins from Plastics”, nato dalla collaborazione tra l’Università dell’Insubria, l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Milano-Bicocca e del CNR – Istituto di Ricerca Sulle Acque.

Questi i presupposti di partenza: il problema che si è deciso di affrontare, è quello delle micro plastiche presenti nelle acqua reflue. La soluzione, quella di ottimizzare i flussi metabolici di alcuni microrganismi – già capaci di digerire naturalmente il micro PET – al fine di trasformare questi scarti in aminoacidi. In altre parole: il Progetto – finanziato da Fondazione Cariplo – si pone l’obiettivo di migliorare questo contaminante ambientale, convertendolo in una risorsa utile. L’approccio interdisciplinare e pre competitivo, mira così allo sviluppo di un’innovativa applicazione biotecnologica destinata al recupero di questi inquinanti.

Ingegneria enzimatica, biologia dei sistemi, entomologia, microbiologia, ciclo di vita dei materiali ed economia: diverse sono le discipline schierate per la buona riuscita del Progetto, mentre il coordinamento delle attività è stato affidato a Loredano Pollegioni, Docente di Biochimica presso l’Università dell’Insubria.

Come egli racconta nel Podcast de “il Sole 24 Ore” dedicato al Progetto, già da alcuni anni erano stati sintetizzati due enzimi capaci di degradare efficacemente il PET, scomponendolo in glicol etilenico e acido tereftalico. Con ProPla, si vuole dimostrare come, ottimizzano i flussi metabolici di un particolare microbiota intestinale, questi prodotti derivati possano essere a loro volta trasformati e utilizzabili per la produzione di bioplastiche o biocarburanti.

Il Progetto, ufficialmente partito il 1 marzo 2023, avrà una durata stimata di tre anni. Allo scopo di sensibilizzare la società su queste tematiche e far conoscere le enormi potenzialità della microbiologia e dell’ingegneria enzimatica, il Team di ricerca renderà fruibili i risultati ottenuti attraverso un dettagliato programma di divulgazione.

Candiani Denim, vincitore bis dell’ITMA Sustainable Innovation Award

Diverse sono state le realtà del territorio insubrico presenti dall’8 al 14 giugno presso ITMA 2023, la più importante fiera internazionale dedicata al mondo della tecnologia tessile, quest’anno svoltasi nel capoluogo lombardo. Lo spazio a disposizione di quasi 200.000 metri quadrati di Fiera Milano era al completo, contando la partecipazione di ben 1709 espositori provenienti da 47 paesi.

In questo contesto è prassi per gli espositori nominare tra i loro Clienti diretti, chi ha avuto la capacità e l’ambizione di sfruttare al meglio le innovazioni tecnologiche fornite, per promuovere non solo la propria sostenibilità ambientale quanto quella del Pianeta intero. È nato così il Sustainable Innovation Award, promosso da CEMATEX, Il Comitato Europeo dei Produttori di Macchinari TessiliQuest’anno la sfida si è giocata tra Aziende italiane: in finale si sono ritrovate LIMONTA di Costa Masnaga (LC), Denim Moda di Sant’Egidio Alla Vibrata (TE) e Candiani di Robecchetto con Induno (MI).

È stata proprio quest’ultima ad aggiudicarsi la vittoria – già la seconda per questo riconoscimento. Dopo Candiani ReGen ( ITMA 2019 – Barcellona ), è stato il Progetto Candiani Custom a primeggiare tra gli altri: una micro-factory per produrre jeans su misura, realizzata nello spazio di una boutique, nello specifico in Piazza Mentana a Milano. Un luogo in cui i tessuti più sostenibili della Società vengono trattati, tagliati e confezionati su indicazione del Cliente – che diventa così designer per un giorno – racchiudendo tutti i processi di un’intera filiera in un unico studio.

Un Progetto di reshoring e sostenibilità reso possibile grazie alla collaborazione di diversi Partner, selezionati tutti entro 238 km dalla sede operativa, al fine di migliorare la carbon footprint dei prodotti firmati Candiani Denim. Uno tra questi è FK Group, realtà industriale all’avanguardia in grado di fornire diverse soluzioni per il comparto tessile. Per il Progetto Candiani Custom, ha infatti realizzato un tavolo da taglio in grado di abbattere i consumi di CO2 fino al 70%.

Le diverse partnership strette da Candiani nascono qualora si riscontri una somiglianza nell’approccio sostenibile ed innovativo: non a caso tra la diverse soluzioni presentate dall’Azienda, spicca anche il tessuto GRAPHITO, un denim nato dalla combinazione di due brevetti. Il primo, proprietario, è KITOTEX, un polimero a base biologica che elimina il PVA – alcool polivinilico – nei processi produttivi tessili, mentre il secondo è G+ Graphene di Directa Plus, Società con sede a Como Next di cui più volte abbiamo scritto qui su Osservatorio. Mentre KITOTEX fissa il colore al denim, migliorandone le pienezza e donandogli un aspetto lucido e soffice, G+ rafforza l’azione protettiva già conferita da questo polimero, aggiungendo proprietà antistatiche, antimicrobiche e termoregolatrici.

L’attenzione del mercato moda per prodotti sostenibili come Graphito è molto alta, l’applicazione e la diffusione sono ancora in una fase di partenza. Tutti sono sicuramente sintonizzati sul fatto che la direzione è quella di una moda più sostenibile, ovvero circolare e rigenerativa

Simon Giuliani, Direttore Marketing di Candiani Denim.

Moda e realtà virtuale: con Futureclo l’abbigliamento diventa digitale

Realtà aumentata e moda: un binomio ormai assodato verso le quali un numero sempre maggiore di aziende si sta orientando, affidandosi alle nuove tecnologie ed esplorando, in particolare, le potenzialità del Metaverso.

Quello della moda è uno dei i settori che trae maggiormente vantaggio dalla realtà digitale e, appunto, dagli ambienti virtuali, che si offrono non soltanto come marketplace atti alla vendita di prodotti e servizi per utenti-avatar, ma anche come luoghi-non luoghi in cui promuovere l’offerta di prodotti e servizi a clienti reali.

Molti gli attori del panorama fashion internazionale che hanno già allestito sfilate, showroom o store negli spazi virtuali.

Tra i protagonisti di questa rivoluzione virtuale c’è Futureclo, startup di ricerca e sviluppo con sede a Gallarate che si occupa proprio della realizzazione di campionari digitali per l’abbigliamento. La giovane realtà, fondata da German Picco nell’estate del 2021, vuole offrire alle aziende soluzioni efficaci alle sfide digitali ed ecologiche che il settore si trova ad affrontare, proponendo un’alternativa in 3D alla produzione di articoli fisici.

Una “Phygital Fashion House” che si pone come ponte tra la moda fisica e quella virtuale, generando dei gemelli digitali iperrealistici di prodotti fisici, dei quali viene ricreato l’aspetto dei minimi dettagli.

Il processo virtuale è all’avanguardia, ma comunque fedele alla qualità propria del Made in Italy. Le fasi di sviluppo dei capi digitali replicano in digitale quelle della tradizione sartoriale: ricerca dei materiali, realizzazione di cartamodelli 2D, simulazione dei modelli con rendering 3D, fitting dei primi prototipi sugli avatar e virtual shooting con render fotorealistici e ambienti digitali.

L’abbigliamento 3D di Futurclo, che ripropone tutte le peculiarità tecniche e fisiche della texture dei materiali tessili reali, può essere direttamente venduto nel metaverso o anche proposto in alternativa ai campionari classici, sia in showroom virtuali che in negozi fisici.

Capi e prototipi virtuali al posto dei tradizionali per un processo produttivo più snello ed ecologico che da un lato permette quindi alle aziende di eludere i costi, gli sprechi e i problemi di stoccaggio correlati alle diverse fasi creative del fashion business, anche realizzando abbigliamento on demand, e dall’altro offrono l’opportunità alle case di moda di sfruttare i nuovi mercati di vendita virtuali.

Un potenziale, quello offerto dalla realtà 3D, che per il mondo fashion si traduce in ottimizzazione economica, ma anche in un’occasione di sostenibilità, altro tema sostanziale e focale per le strategie future di settore.

L’etica ambientale non passa esclusivamente dalla scelta di impiegare materiali biologici, dall’impegno alla trasparenza o dall’educazione al riuso, ma anche dalla riduzione degli sprechi correlati alla produzione, alla promozione e alla vendita dei capi di abbigliamento. Quale miglior modo di salvaguardare le risorse naturali se non realizzando prototipi e collezioni virtuali?

Best to Brianza Awards 2023 – Il premio delle eccellenze locali

Si avvicina la nomina del vincitore del Best to Brianza Awards 2023, il premio che individua da più di 10 anni interessanti iniziative nel territorio delle province di Monza Brianza, Como e Lecco.

Edizione dopo edizione, sono molte le imprese coinvolte ogni anno: molti i nomi interessanti e noti che hanno ricevuto riconoscimenti.

Il percorso che porta poi all’incontro di aziende, idee, storia, va a comporre via via un mosaico di eccellenze locali, in gara per il Best dei Best. C’è tempo fino al 12 giugno per votare le imprese in nomination!

In gara, imprese ascrivibili ad un totale di 9 categorie: Grandi imprese, Piccole e Medie imprese, Imprese Storiche, Start up, ESG, Passaggio generazionale, Green, Digital, Hotellerie.

E sono invece 54 le Aziende in nomination: tra queste, molte già note anche sul nostro Osservatorio, come 3Bee di cui facemmo cenno qualche anno fa a proposito dell’alveare hi-tech per la biodiversità.

Tra le Aziende in gara questo 2023, la comasca EVOPOST, società che ha all’attivo 19 brevetti internazionali depositati tra Europa e USA e lavora al fine di modificare radicalmente le modalità con cui pacchi e corrispondenza vengono ricevuti e restituiti. Diversi i prodotti sviluppati, da E-ONE la cassetta postale intelligente per le case private, disponibile anche in modalità multi utente per i condomini, a E-ONE FOOD STATION, la cassetta interattiva in grado di raccogliere pacchi, posta ma anche cibo e spesa grazie al suo comparto refrigerato. C’è poi E-XL per i pacchi dei formati più diffusi, E-SLIM super compatta con apertura mediante RFID.

Oltre ad un design accattivante e contemporaneo, le caratteristiche principali vanno dall’impermeabilità, alla presenza di un display digitale, l’apertura automatica combinata alla possibilità di gestire da remoto e in video comunicazione la ricezione o il reso del tuo pacco, batterie integrate ad energia solare o collegabile alla rete della corrente domestica. 

Anche Top Digitex con sede a Senna Comasco, già nominata più volte per il Progetto TRAME finalizzato all’utilizzo della tecnologia blockchain per la tracciabilità nel settore tessile, ha qualche tempo fa sviluppato un primo prototipo di locker. Quest’ultimo, attualmente in fase di test all’interno di un condominio, si caratterizza per la possibilità di prenotare uno o più spazi tramite Web App, per la possibilità di gestire l’apertura degli sportelli mediante codici personali, usa e getta per corrieri e delivery, dotato di chiavi con tecnologia NFC, ma soprattutto di spazi portalettere, di un vano frigo e di un vano coibentato per poter mantenere una bassa temperatura per i prodotti da frigo, ma anche per tenere invece “in caldo” la propria cena delivery.

D-Orbit, l’interlocutore comasco per la New Space Economy

Bisognerà aspettare fino al 4 luglio prima di scoprire il vincitore dell’European Inventor Award 2023, uno dei più prestigiosi riconoscimenti a tema innovazione, istituito nel 2006 dall’EPO – European Patent Office. È certo però che tra i finalisti c’è anche Luca Rossettini, co-fondatore e CEO di D-Orbit, la prima Azienda ad offrire soluzioni di logistica e trasporto orbitale. 

È grazie al brevetto depositato per D-Orbiter(D3)™ che la Società di Fino Mornasco, è riuscita a sbaragliare oltre 600 candidati: nel concreto, si parla di un dispositivo indipendente e intelligente, capace di gestire all’occorrenza il riposizionamento o la rimozione di un satellite in orbita, al fine di arginare le problematiche direttamente collegate ai detriti spaziali.

Ecco come Rossettini racconta l’importanza di questo brevetto:

Oggi, abbiamo centinaia di frammenti in orbita che rappresentano la principale minaccia per i satelliti. Non sappiamo dove siano. Quindi, ogni volta che si invia un satellite si fa una scommessa di non essere colpiti da nessuno di questi detriti. E si capisce che, se il numero di satelliti continua ad aumentare come ora, non si potrà continuare a scommettere, soprattutto se si desidera costruire un business nello Spazio…

A supporto concreto di ciò, ecco che l’ESA – Agenzia Spaziale Europea ha stimato che attorno all’orbita terrestre ci siano oggi in movimento più di 36.500 oggetti, contando solo quelli con un diametro superiore ai 10 centimetri. Tutti rifiuti spaziali nati da collisioni, esplosioni, incidenti tra satelliti. Basti pensare che dal 1957, ne sono stati inviati in orbita più di 15.000 unità…

Come si percepisce dalle parole di Rossettini, la “New Space Economy” è destinata a crescere ed entro il 2040 verranno investiti globalmente oltre un bilione di dollari. Anche l’Italia sta tenendo il passo in un Mercato dalla repentina evoluzione. Poco meno di un mese fa, ad esempio, è stato stipulato un accordo nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Programma IRIDE, avviato dal Governo con il supporto dell’ESA e dell’ASI – Agenzia Spaziale Italiana, uno tra i più importanti programmi spaziali satellitari europei di Osservazione della Terra.

Nell’accordo c’è posto anche per D-Orbit, la quale fornirà un satellite SAR “un sistema di telerilevamento radar coerente, attivo e microonde”e ne seguirà il segmento delle operazioni di volo. 

Siamo orgogliosi di questo contratto che si inserisce perfettamente nella nostra linea di business Satellite as a Service. [ … ] Le nostre collaborazioni con organizzazioni stimate come l’ASA e l’ASI hanno spianato la strada per la crescita della nostra Azienda, consentendoci di partecipare a iniziative di ricerca e sviluppo all’avanguardia…

Stefano Antonelli, VP Business Development 

Tra le altre soluzioni innovative proposte dalla Società comasca, spicca ION Satellite Carrier, un veicolo spaziale capace di trasportare più satelliti in orbita e di rilasciarli individualmente, riducendo i tempi di lancio totali fino all’85% e i costi fino al 40%.

NannyBand: un dispositivo smart discreto per monitorare la salute degli anziani

In diverse occasioni abbiamo trattato il tema delle tecnologie indossabili, in ambito sanitario e non solo, e di come il loro impiego possa incidere sensibilmente sul benessere di chi li usa così come sull’efficienza dell’operato di chi accede ai dati raccolti.

Oggi ci occupiamo di un wearable device discreto in grado di coniugare il desiderio di autonomia della fascia di popolazione più anziana alla necessità di mettere in atto un monitoraggio costante e scrupoloso da parte di chi si prende cura di loro. Questa la mission di NannyBand, dispositivo comasco che ha lo scopo di tenere sotto controllo a distanza i parametri biometrici e telemetrici dei propri cari, senza ingerenze nella loro indipendenza e qualità di vita.

Il dispositivo è indossabile al polso, come uno smartwatch, e tramite applicazione dedicata è in grado di trasmettere notifiche istantanee sullo stato di salute agli smartphone collegati. In caso di necessità, oltre all’invio dell’allarme, viene generato automaticamente un report sulla condizione fisica e data notizia della localizzazione dell’anziano, anche in esterno.

NannyBand _ kickstarter.com

In questo modo è data possibilità a uno o più caregiver di avere sempre sott’occhio, da remoto, la condizione di salute dei propri cari e di intervenire tempestivamente in caso di emergenza sopravvenuta, in qualsiasi luogo. I dati generati da NannyBand vengono elaborati in informazioni utili, successivamente inviate all’app, sfruttando le tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning.

I sensori dello strumento consentono di rilevare temperatura, anomalie cardiache e saturazione, ma anche di avere dati sulla qualità del sonno, sullo stato generale di benessere e su eventuali cadute o posizioni atipiche improvvisamente assunte.

Nei prossimi anni in Italia, e nel mondo, si vivrà un progressivo aumento dell’età media della popolazione: il device ideato da Marco Epicoco di Wel, Stefano Grima di Aspotech e Andrea D’Aietti di LHUB vuole contribuire a contrastare il conseguente problema di garantire un’assistenza adeguata agli anziani.

NannyBand è stato recentemente presentato sul sito di crowdfunding Kickstarter dall’azienda comasca Aspotech, prima wearable house italiana. La startup innovativa, nata nel 2018, si occupa appunto dell’ingegnerizzazione e sviluppo di dispositivi indossabili e piattaforme tecnologiche di rilevazione in grado di monitorare i dati biometrici e potenziare le performance.

I progetti realizzati dalla realtà comasca spaziano in diversi ambiti: dalla suite pensata per restituire feedback aptici durante il gioco, alla maglia da indossare nelle gare motociclistiche per tenere sotto controllo i parametri dei piloti.

Progetto TrackIT per la tracciabilità dei prodotti Made in Como all’estero

Si è tenuto la scorsa settimana il workshop di presentazione del Progetto TrackIT, l’iniziativa del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dell’Agenzia ICE, finalizzata alla tutela dei prodotti italiani. Il servizio offerto prevede, previa iscrizione e selezione di un fornitore di tecnologia tra quelli indicati dal portale, la registrazione in blockchain di dati sul prodotto o la filiera che si intende tracciare, comprensivi di dati sulla storia del prodotto e dell’azienda. Scansionando un QR-code generato dalla piattaforma, sarà possibile quindi lato consumatori e lato fornitori, consultare una serie di informazioni utili volte a certificare la tracciabilità del bene, su un’interfaccia user-friendly. Per aderire è necessario essere un’Azienda produttrice di marchi associati all’italianità, essere iscritti al Registro Imprese con un Codice ATECO afferente al comparto agroalimentare e delle bevande, del sistema moda, della cosmetica o dell’arredamento/design da almeno 3 anni ed avere un minimo 20% di fatturato riconducibile alle esportazioni. Il servizio si declina poi in tre differenti e consecutive fasi di realizzazione: una prima fase consistente nell’attività di consulenza specialistica finalizzata alla mappatura della filiera o del processo produttivo, nella progettazione, lo sviluppo e l’implementazione dell’interfaccia e nella creazione della landing page per la visualizzazione dei dati; una seconda fase di gestione, manutenzione e notarizzazione dei dati; una terza ed ultima fase in cui è possibile decidere se interrompere il servizio, cambiare provider o continuare con il medesimo ai costi predefiniti.

Nel corso del workshop, organizzato dal Cluster Tecnologico del Made in Italy – MINIT, si è da un lato data informazione sulla proroga nella possibilità di inviare domanda di partecipazione e, dall’altro lato, si è dato spazio ad alcuni tra i soggetti coinvolti, sia sul versante fornitori della tecnologia che sul versante casi concreti da parte dei soggetti che hanno aderito.

Ad oggi sono 211 le Aziende aderenti, distribuite sul territorio nazionale, di cui 166 nel corso del 2022. In riferimento ai settori, invece, seppur si registri un 75% circa di adesioni afferenti al settore agro-alimentare, non mancano le rappresentanze del settore tessile, tra le quali si annoverano più d’una esperienza comasca.

Ostinelli Seta Spa, storica azienda con sede a Casnate con Bernate, che ha preso parte all’evento in qualità di soggetto protagonista, ha evidenziato come l’investimento faccia parte di un più ampio progetto per la tracciabilità strettamente connesso alla sostenibilità dell’attività produttiva, avviato già dal 2000 con la redazione delle schede tecniche di prodotto, sino all’adozione nel 2020 della roadmap Textile Exchange. L’azienda, infatti, non solo ha messo a punto una procedura integrata per il controllo sulla tracciabilità della propria produzione, dalla materia prima, sino ai prodotti finiti, ma ha anche: adottato il regolamento REACH; certificato alcune linee di prodotti in seta e cotone BIO GOTS; iniziato ad operare nella direzione del contrasto al cambiamento climatico, per la tutela della biodiversità e l’economia circolare; stabilito il target del 45% inteso come riduzione delle emissioni derivanti da fasi di pre-filatura entro il 2030; deciso di incrementare l’utilizzo delle fibre riciclate.

Anche Tessitura Taborelli, nota azienda del comparto tessile comasco, attiva dal 1895 nella produzione di jacquard e tinto filo, da sempre attenta alla sostenibilità con Certificazione Marchio SERI.CO dal 2004, GOTS dal 2008, OEKO-TEXT, FSC e GRS dal 2018, aveva già con (l’allora) MiSE avviato un progetto per la tracciabilità in Blockchain (Voucher Innovation Manager – 2019). Naturale prosecuzione del progetto è così apparsa l’opportunità offerta da TrackIT. Obiettivo ultimo è sempre quello di dare ai propri Clienti informazioni che siano il più trasparente possibile, sia lato B2B che lato B2C. Da un lato dunque la necessità di fornire dati quanto più chiari possibili su tracciabilità ai propri Clienti Business, dall’altro arrivare sino al consumatore finale, consentendogli  tramite la lettura di un QR-Code con RFID, di compiere scelte consapevoli e responsabili.

Tra i fornitori della tecnologia accreditati sono intervenuti invece per tutti Mangrovia, società di consulenza esperta nella in sviluppo di soluzioni blockchain, e la comasca Foodchain SPA di cui spesso abbiamo parlato su questo osservatorio, specializzata nella tracciabilità della filiera attraverso blockchain, che opera per ICE in RTI con Domina, un provider di software con procedure complete ed integrate per la value chain del Tessile e dell’Abbigliamento. TrackIT offre ai partecipanti una piattaforma (Dapp) per la tracciabilità di filiera che mira a garantire la trasparenza e l’integrità dei dati. Il raggruppamento temporaneo di imprese Foodchain-Domina accompagna le imprese nell’implementazione della soluzione, garantendo supporto formativo, assistenza tecnica e manutenzione.

Annoverabile invece tra gli utilizzatori anche F.&F. S.R.L. di Grandate, che grazie anche all’ottenimento di un Voucher Industria 4.0 di Unioncamere Lombardia, ha mosso i primi passi verso l’implementazione della tecnologia. L’Azienda, nata nel 1957 come Fertilseta e attiva nella produzione di Sciarpe, Scialli e Foulard, è specializzata in lavorazioni di alta qualità ed ha fatto dell’attenzione per l’innovazione e la sostenibilità i suoi capisaldi. Grazie a TrackIT, accompagnato dalla realizzazione del Progetto Sostenibilità Tracciabile, ha da un lato operato per l’effettiva introduzione di un sistema di tracciabilità in blockchain all’interno dei propri processi aziendali e, dall’altro lato, ha potuto creare un’occasione per un’effettiva collaborazione con gli attori di filiera che già hanno avviato o stanno avviando processi simili.

Progetto PRINCE: un impianto tutto lombardo per il riciclo ottimizzato del PET

In Italia, come in Europa, è in costante aumento la domanda di rPET. Una buona notizia dunque, se non fosse per le tempistiche di trasformazione e distribuzione. La capacità industriale attuale non riesce infatti a garantirne il volume richiesto e alle complessità produttive si aggiungono anche i limiti economici: le tecniche di riciclo attuali producono costi superiori a quelli delle lavorazioni del polimero vergine.

Sono questi i presupposti che hanno dato vita al Progetto PRINCE – acronimo di PET Re-polymerization Italian Network Compact Extrusion, – uno dei vincitori dell’edizione 2020 del Bando “Call Hub Ricerca e Innovazione” di Regione Lombardia. Arrivato ora alla sua conclusione, è riuscito nei suoi intenti: prototipare e testare un impianto maggiormente sostenibile e produttivo, partendo dalle limitazioni tecnologiche inerenti allo stato dell’arte del riciclo del PET. Come? Ottimizzando in primis il processo di riciclo del PET non-clear da bottiglia, reintegrandolo nel mercato già sotto forma di prodotto finito.

In pratica, i Partner di Progetto hanno sviluppato una linea pilota altamente innovativa, capace di trasformare le scaglie lavate e asciugate di rPET direttamente nel prodotto d’uso finale, evitando la fase di pre-essicazione e granulazione intermedia. Tra i benefici di questa nuova modalità, sicuramente un importante contenimento dei costi energetici legati ai processi scartati: così questo Progetto soddisfa anche requisiti di sostenibilità economica ed ambientale.

Le bottiglie di inizio lavorazione, diventano così reggette per imballaggi, estrusi per l’edilizia, filati per il tessile, lastre termoformabili e contenitori per liquidi non alimentari, direttamente nello stesso impianto. Si ritiene plausibile quindi un risparmio energetico circa del 30% rispetto ad impianti concorrenziali di trasformazione del PET in rPET, al quale va aggiunto un risparmio nettamente superiore derivante dalla completezza di lavorazione proposta dall’intera linea.

I Partner di Progetto, localizzati tra il territorio Insubrico e la Brianza, hanno ottenuto un contributo economico di 2,8 milioni di euro, a valere sulle risorse dei fondi POR FSR 2014-2020. Le realtà coinvolte sono diverse: capofila di Progetto, un Organismo di Ricerca, l’IIP – Istituto Italiano dei Plastici, con sede a Monza. Nexxus Channel, inventor di tecnologie innovative relative alla lavorazione del polimeri termoplastici, trova invece casa nel vaserotto. Le altre sei aziende coinvolte nel Progetto, sono specializzate nella realizzazione di macchinari ed attrezzature: sono I.C.M.A. San Giorgio (MI), Eprotech (VA), O.M.G.M. (VA), Magic MP (MP), Soltex (MI), R.B. Engineering (BG).