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P.Mask, la mascherina con gli ioni d’argento

Abbiamo già fatto cenno alla tecnologia Viroblock della Svizzera HeiQ ed anche al suo utilizzo tutto italiano di Albini, specialista nel cotone.

Sempre italiana è Pompea, marchio di calzetteria e abbigliamento intimo: come far fronte all’attuale emergenza? Convertendo una parte della produzione per la realizzazione di mascherine con filtro.

Ma non sono semplici mascherine.

Si chiamano P.MASK e oltre alla tecnologia HeiQ Eco Dry (trattamento idrorepellente ecologico) e Viroblock, utilizzano Q-SKIN di Fulgar, una fibra di Nylon 6.6.

Cos’ha di speciale? Questo filato contiene ioni d’argento che lo rendono batteriostatico, innescando un meccanismo che consente agli ioni (carica positiva) di inibire la crescita batterica (carica positiva).

Mascherine fai da te: quali tessuti sono sicuri?

Tra le misure di sicurezza adottate per il contenimento del contagio da COVID-19 fondamentale è l’utilizzo di dispositivi di protezione durante tutte le attività in cui sono previste interazioni con altri soggetti o, genericamente, la frequentazione di spazi comuni. L’assortimento dei prodotti in circolazione è ampio, così come i quesiti sollevati per peculiarità e reperimento: in molti hanno così deciso di realizzare mascherine fatte in casa.

Il sito dei Centers for Disease Control and Prevention, organismi di controllo della sanità pubblica statunitense, oltre a raccomandare di coprire il volto in luoghi pubblici, riporta indicazioni sulla modalità di realizzazione delle mascherine. Ma i comuni tessuti domestici possono essere considerati sicuri? Il team del professore Taher Saif del Dipartimento di Scienze Meccaniche e Ingegneria dell’Università dell’Illinois ha cercato di dare risposta ai dubbi sull’efficacia dei dispositivi fatti in casa attraverso una serie di test orientati alla definizione della resa, in termini di performance, delle protezioni realizzate con stoffe comuni.

Affinché le particelle ad alta velocità diffuse attraverso starnuti, così come quelle di intensità minore generate dalla respirazione, possano essere bloccate dalla mascherina, il tessuto indossato deve garantire un certo grado di combinazione tra impermeabilità e traspirabilità. Nei test realizzati il team ha preso in esame 10 tessuti con diverse combinazioni di cotone, poliestere e seta. Sono inoltre stati sperimentati i comuni materiali per t-shirt in combinazione di due o più strati e in comparazione con le mascherine mediche.

La traspirabilità è stata valutata misurando la velocità di passaggio del flusso d’aria attraverso il materiale; la capacità di bloccare piccole gocce considerando la presenza su un piatto di raccolta di una sostanza di dimensioni analoghe a quella del Coronavirus realizzata con acqua distillata a nanoparticelle fluorescenti e diffusa dall’ugello di un inalatore.

Alla luce dei test svolti dal professor Taher Saif e dagli studenti da Onur Aydin e Bashar Emon è emerso che i tessuti traspiranti e quelli comunemente usati per le t-shirt rappresentano una buona opzione di scelta per dispositivi di protezione, in particolare quando usati in doppio strato: in questi casi la capacità di bloccare piccole gocce ha raggiunto un’efficacia del 98%, superiore a quella della mascherina medica, garantendo anche un’ottima traspirabilità.

ViroFormula: il tessuto antivirale che allontana il Coronavirus

In provincia di Bergamo è stato realizzato un tessuto in grado di proteggere chi lo indossa da batteri e virus: ViroFormula. Albini Group, azienda italiana storica del settore tessile, è l’artefice del nuovo prodotto, che si candida anche a contenere il Covid-19.

Attraverso la tecnologia brevettata Viroblock (di cui abbiamo anche parlato qui) della società HeiQ, realtà svizzera che opera in ambito innovazioni tessili, è possibile effettuare un trattamento chimico certificato che impedisce la diffusione di virus e batteri sulla superficie delle stoffe. Le proprietà antivirali sono generate da due fattori: la combinazione di tecnologie brevettate a base d’argento e l’azione dei liposomi, acceleratori che distruggono i virus esaurendone la membrana virale.

Il trattamento di fissaggio non altera le caratteristiche dei materiali su cui viene applicato e garantisce un effetto duraturo. Il tessuto può essere impiegato tanto per la realizzazione di mascherine e camici quando per capi di abbigliamento d’uso quotidiano quali camicie e pantaloni.

La combinazione di tecnologia e sperimentazione tessile permette l’ideazione e lo sviluppo di soluzioni altamente innovative il cui potenziale può rivelarsi sostanziale nella risoluzione di un ampio spettro di sfide della contemporaneità. Albini Group, sensibile ai temi del cambiamento nel tessile e dell’evoluzione del settore, ha fondato ALBINI_next, un innovation hub situato all’interno del cluster tecnologico Kilometro Rosso con la finalità di individuare materiali sostenibili e nuovi processi produttivi.

Soundshirt: musica per la pelle!

Una società londinese ha sviluppato una speciale maglietta che consente alle persone non udenti di poter “ascoltare” la musica. Come? Con la propria pelle!

SoundShirt è la maglietta in tessuto intelligente, che consente infatti di poter “sentire” la musica grazie alla sua conversione in sensazioni tattili. I differenti strumenti e le note da essi composte, vengono percepiti fisicamente, distribuiti per tutta la superficie della maglietta: dai violini sulle braccia, alle percussioni sulla schiena.

Il suono, raccolto da microfoni posizionati sul palco accanto agli strumenti, è acquisito e trasformato in dati dal Software Q che li trasforma poi in tempo reale in sensazioni tattili. Questo speciale indumento è infatti dotato di 30 micro-attuatori incorporati nel tessuto, che ricevono il “suono” in modalità wireless.

Il software Q è disponibile anche nella versione Pro (più canali) per consentire ai musicisti di migliorare ancor più la qualità dell’esperienza, oltre che di trasmettere “musica” a più SoundShirt contemporaneamente.

Tessuti smart per una qualità della vita migliore

ComfTech® è una realtà dinamica che si occupa di innovazione e produzione tessile dal 2010, focalizzandosi sul benessere a 360°. Il team di ricerca fa della multidisciplinarità il suo punto di forza: dal connubio di ricerca tessile, ingegneria, design, comunicazione e business & value development nascono tecnologie indossabili finalizzate al miglioramento della qualità della vita.

La startup di Monza ha ideato e realizzato un sistema tecnologico che attraverso gli smart textile permette di monitorare i parametri vitali di chi li indossa. I dati rilevati dai sensori brevettati integrati al tessuto vengono raccolti e analizzati da un device elettronico dedicato e trasmessi per una facile lettura a un’apposita applicazione scaricabile. La flessibilità della soluzione tecnica realizzata da ComfTech® ne permette l’impiego in diversi ambiti d’uso: assistenza sanitaria, sport, ricerca.

Il primissimo progetto venne realizzato in collaborazione con il reparto di neonatologia intensiva dell’Ospedale Manzoni di Lecco: una fascia sensorizzata fatta indossare ai bambini garantiva ai medici la rilevazione costante dei parametri fisiologici dei piccoli pazienti, permettendo un monitoraggio puntuale. Oggi le tecnologie sono integrate a diversi capi di abbigliamento: body per bambini, indumenti per le donne in gravidanza, capi tecnici per l’attività fisica.

I dispositivi ComfTech® prendono in esame valori quali la frequenza respiratoria, la frequenza cardiaca e la temperatura, ma anche parametri meccanici quali posizione assunta e livello di attività. Il monitoraggio di questi valori risulta strategico nella risoluzione delle problematiche di salute legate alla cattiva qualità del sonno, da qui lo sviluppo di Somnus: un progetto di ricerca volto alla realizzazione di un pigiama in grado di registrare e inviare a un centro medico i parametri biofisiologici di chi lo indossa, realizzato da ComfTech® insieme ai partner Genesi, Tecnofilati, Sonnomedica, Politecnico di Milano e Fondazione Politecnico grazie al finanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR FESR 2014-2020.

In attesa del prossimo viaggio…

In questo periodo in cui ci è consentito viaggiare solo con la fantasia, una cosa possiamo fare: immaginare come sarà il nostro prossimo viaggio. Verso quali mete ci muoveremo? In compagnia di chi? Cosa dobbiamo assolutamente portarci? Mentre fantastichiamo cercando risposte, possiamo intanto prendere appunti su un oggetto che sicuramente non dovrà mancare: la valigia! Stando alle nuove tendenze, ce ne sarà per tutti i gusti. Dalla valigia in materiale completamente riciclato, a quella che si ricarica grazie alle 4 ruote di cui dispone, fino alla valigia completamente integrata IoT. Viaggiare non è mai stato così tech!

Fino a poco tempo fa, i must nella scelta della valigia adatta alle proprie esigenze erano influenzati da un orientamento verso i caratteri di compattezza, dimensioni ridotte, ordine ed organizzazione degli spazi interni. Lungi dal superamento di tutti quei canoni cui da sempre deve rispondere, con anche interessanti nuovi progetti (valigia che diventa un comodo mobiletto), si sviluppano innovative e interessanti traiettorie.

Alcuni esempi?

La valigia che diventa ricarica, grazie a prese usb e un sistema che le consente di accumulare energia per mezzo del movimento delle ruote. RollGoEscape 599$

La valigia sempre connessa ed adattabile: grazie all’IoT, il riconoscimento impronta digitale per l’apertura, la parte superiore che diventa tavolino per lavorare col proprio laptop, le prese di ricarica, la connessione gps per risalire alla posizione esatta in caso di smarrimento con app mobile per geolocalizzarla, una bilancia interna per non rischiare il superamento dei limiti di peso. SkyTrek 209-229$

In un momento quale quello attuale, con sempre maggior attenzione all’ecosostenibilità, non poteva mancare la valigia 100% materiale riciclato: reti da pesca, gomme, tappeti, scarti di tessuti che possono così godere di una nuova entusiasmante vita viaggiatrice, senza trascurare, ovviamente, il design. Phoenx 185€

GreenPallet 4.0: riuso e IoT, nuove frontiere per la logistica sostenibile

 

Il riuso della plastica è ormai sempre più prioritario: una plastica di buona qualità e differenziabile, consente infatti di ottenere nuovi materiali, dalle molteplici vite.

Interessante a tal proposito, il Progetto GreenPallet, che ha preso avvio nel 2017, sviluppato da una nota azienda farmaceutica, la Bayer. L’intento era sostituire i pallet in legno, meno durevoli, con un materiale più resistente: quale scelta migliore della plastica utilizzata in ottica di sostenibilità ed economia circolare?

La prima versione di GreenPallet ha infatti consentito di ridurre l’impatto ambientale causato dall’elevato numero di materiale necessario e dall’elevato scarto: muffe, batteri, usura, scarsa resistenza agli urti e assente resistenza alla fiamma, sono solo alcuni dei problemi della versione in legno, soltanto apparentemente più green.

E se la seconda versione ha guadagnato ulteriore resistenza e il conseguente raggiungimento di ancor più elevati livelli di sostenibilità ambientale ed economica (secondo le prime stime, in un anno sono stati risparmiati circa 70mila bancali di legno), è con la terza versione che sono stati inseriti tag RFID.

Al momento è in fase di test la quarta versione, GreenPallet 4.0, che oltre ai tag RFID disporrà di soluzioni IoT: l’uscita è prevista per quest’anno.

Sensori integrati ai tessuti: quando la camicia ti dice come stai

Prendersi cura dei pazienti a distanza semplicemente attraverso un indumento? Potrebbe essere uno dei risvolti connessi al recente studio del MIT. I ricercatori dell’istituto hanno sviluppato un sensore leggero che può essere incorporato in tessuti flessibili e utilizzato per monitorare i parametri vitali quali la temperatura, la respirazione e la frequenza cardiaca.

I sensori elettrici sono realizzati in strisce flessibili avvolte in resina epossidica. Vengono intrecciate con il poliestere in canali dotati di piccole aperture in modo che possano entrare in contatto con l’epidermide. La camicia prototipo, dotata di 30 sensori di temperatura e un accelerometro, ha permesso di rilevare i dati biometrici di chi la indossa sia in condizioni di riposo che di movimento e di trasmettere il tutto via wireless a uno smartphone. L’ampia distribuzione dei sensori sul capo di abbigliamento consente inoltre ai ricercatori di effettuare osservazioni sui cambiamenti di temperatura nelle diverse parti del corpo, correlare i risultati e generare analisi più approfondite.

Gli indumenti, lavabili in lavatrice, sono facilmente adattabili alle diverse corporature/fasce d’età e i sensori ad essi integrati possono eventualmente essere rimossi.

Rispetto ad altri tipi di dispositivi di monitoraggio esistenti, che si applicano direttamente sulla pelle, i capi di abbigliamento realizzati dal MIT si caratterizzano per comfort e funzionalità, essendo agevolmente indossabili nelle attività quotidiane. La ricerca, finanziata dalla NASA e dal MIT Media Lab Space Exploration, permetterebbe di controllare facilmente lo stato di salute degli astronauti in missione nello spazio, ma anche di facilitare la pratica dell’assistenza sanitaria a distanza per il trattamento di patologie croniche sulla terra, in particolare ora che la telemedicina ha assunto un ruolo sostanziale nella battaglia contro il Covid-19.

Agricoltura 4.0: tecnologie, benefici e criticità principali

Una domanda sempre crescente quella dell’Industria 4.0 nel mondo agricolo: con un valore di 450milioni di euro registra nel 2019 un incremento pari al 22% sul 2018.

Questo il primo dato fornito dall’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano dal titolo “Il digitale è servito: Dal campo allo scaffale, la filiera agroalimentare è sempre più smart”.

Ma cosa spinge le imprese agricole ad investire in tecnologie 4.0? Trainante il desiderio di rendere più sostenibili le proprie coltivazioni da un punto di vista ambientale, oltre al desiderio di acquisire maggiori informazioni in vista di una migliore consapevolezza circa le dinamiche interne all’azienda. Vi sono poi i desideri riconducibili alla sostenibilità economica (riduzione costi) e sociale (migliorare le condizioni di lavoro, semplificando il lavoro intellettuale). Non manca poi il desiderio di migliorare la qualità del prodotto e la possibilità attraverso la tecnologia di ridurre gli imprevisti derivanti dalla variabilità nell’esito delle produzioni.

Le imprese che lo scorso anno investivano in tecnologie 4.0, utilizzano in media almeno 2 soluzioni tecnologiche parallelamente: più utilizzati i sistemi di mappatura di coltivazioni e terreni, i sistemi di monitoraggio e controllo dei macchinari, i sistemi a supporto delle decisioni e i sistemi di monitoraggio da remoto delle coltivazioni e dei terreni. Più residuale l’utilizzo invece di droni e della robotica per le attività sul campo.

Ma non mancano i freni alla diffusione delle tecnologie 4.0: la mancanza di competenze rappresenta sicuramente la criticità più rilevante con cui dover fare i conti, seguita dalla mancanza di connettività e dall’interoperabilità con i sistemi esistenti. Vi sono poi il riscontro di un’assistenza ahimè insufficiente a rispondere prontamente alla domanda e (i correlati) eventuali malfunzionamenti delle soluzioni adottate. Meno considerate la mancanza di scalabilità e il mancato rientro dell’investimento.

Fonte: Osservatorio Smart Agrifood

 

Kit per ventilatori polmonari

Emergenza e innovazione: compaiono in questo periodo numerosi progetti per ventilatori polmonari ricavati partendo da ambu (palloni per la rianimazione o palloni auto-espandibili).

Il primo progetto che si incotra in una rapida ricerca è quello realizzato dal MIT, basato su scheda elettronica arduino. Qui il link del progetto. Apparentemente uno dei più semplici, ma ad oggi non sono state ancora rilasciati tutti i codici in quanto non ultimata la fase di test.

In realtà indagando si trovano diversi progetti in rete, tra questi quelli di Gtech, Freebreathing, Tecnik, Rice University.

Molti i video trovati su youtube che mostrano prototipi, studi e sperimentazioni di kit o anche di ventilatori low cost.

Alcuni casi di sviluppo in India sembrano avere già risvolti legati alla proprietà intellettuali. Qui il link 

Tutti i progetti hanno due aspetti in comuni: low-cost e open source, ma approfondendo un minimo, quello di Freebreathing appare come uno dei più avanzati. I responsabili del progetto hanno avviato alcune sperimentazioni e attraverso la rete (anche in Lombardia sulla piattaforma Open Innovation) hanno diffuso aggiornamenti e richieste di collaborazione per completare il dispositivo e l’applicazione che lo gestitrà wireless.

Rimane aperta la questione di certificazioni, omologazioni e permessi per il loro utilizzo.