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Opere figurative e musica: ecco l’algoritmo che associa le Arti

Come abbinare un quadro ad un brano musicale, eliminando qualsiasi arbitrarietà? La risposta oggi può sembrare quasi scontata… affidandosi ad un algoritmo”. Ma la strada per lo sviluppo di RISMApp non è stata così semplice.

Stiamo parlando di un’App nata grazie all’Università degli Studi dell’Insubria – in collaborazione con la Riemann International School of Mathematicsin grado di scansionare le opere d’arte e metterle in relazione a grandi composizioni musicali, basandosi su un “grado di somiglianza” calcolato appunto dall’algoritmo sviluppato nel corso del Progetto.

Un’idea nata quasi per gioco, suggerita da Marcello Morandini – architetto, scultore e designer – a Daniele Cassani, Direttore della RISM, il quale ha portato avanti la causa con il supporto di Alfio Quarteroni e Paola Gervasio, rappresentanti del Politecnico di Milano e dell’Università di Brescia. 

Competenze scientifiche ma anche amore per l’Arte. Così, unendo questi due mondi, i tre ricercatori hanno scoperto che le opere di Morandini, nel mondo astratto dei numeri, “somigliano” di oltre il 70% alle musiche di Morricone, Mozart, George Gershwin. Elementi di coincidenza inaspettati, che hanno creato ponti sospesi tra forme d’arte e periodi storici molto diversi.

Opere di Morandini – https://www.fondazionemarcellomorandini.com/progetti/

L’applicazione, presentata in anteprima lo scorso 13 ottobre alla Fondazione Marcello Morandini di Varese, oggi ha in archivio 10 opere lì esposte. Inquadrando il QR Code dedicato, l’algoritmo restituirà diversi output: in primis, il brano originale – classico o Jazz – che più si avvicina all’opera che si sta osservando. In secundis, i brani che rispondono alla domanda: “Se uno dei seguenti compositori stesse ammirando quest’opera, quali tra le sue musiche originali sarebbe ispirato a suonare?”. Infine, i brani elaborati dall’algoritmo a partire dalle musiche selezionate originali, con l’obiettivo di interpretare l’opera al meglio.

Questa connessione tra arte e musica, è stata creata non solo grazie alla matematica, ma anche alla campionatura di un allargato catalogo di brani, tutti svincolati dai diritti d’autore. Da qui si è poi entrati nel vivo della ricerca, confrontando e analizzando i diversi codici di somiglianza elaborati man mano dall’algoritmo. 

[…] Il DNA, che sia arte o musica, dal punto di vista matematico è identico: la percezione si riduce a un codice generato o da un’opera raffigurativa, o dalla musica o da altri oggetti ed elementi che si trovano in natura

Alfio Quarteroni – Matematico e Accademico

Uno strumento che potenzialmente potrà essere diffuso in qualsiasi museo interessato all’iniziativa, donando valore aggiunto alla fruizione delle singole opere esposte.

Un tessuto tutela la privacy grazie alla startup Cap_able

Sempre più frequentemente, un settore tradizionale come il tessile, va via via caratterizzandosi per elevati livelli di innovazione. Ne abbiamo parlato spesso, in numerosi articoli, più o meno recenti, che hanno trattato il tema dell’innovazione nel tessile, finalizzata all’ottenimento di livelli maggiori di sostenibilità o di tracciabilità.

E se riuscissimo con un tessuto a proteggere la nostra privacy? Se riuscissimo indossando un maglione a creare uno scudo protettivo a tutela della nostra immagine? Siamo costantemente spiati, seguiti, inquadrati, spesso senza aver dato alcun consenso, circondati ovunque da telecamere di riconoscimento facciale. È a questa attuale criticità che cerca di dare risposta la collezione Manifesto di Cap_able.

Un’idea nata nel 2019 a New York dall’incontro tra la fondatrice e attuale CEO Rachele Didero e un ingegnere della Berkley University in California, conversando sulle implicazioni di privacy dei sistemi di riconoscimento biometrico basati su Intelligenza Artificiale. Questo il calcio d’inizio che ha portato nel 2021 ad un tessuto oggetto di brevetto, insieme al Politecnico di Milano, dove Rachele Didero stava svolgendo un Dottorato di Ricerca, seguita dal Professor Giovanni Maria Conti e dalla Professoressa Martina Motta.

Ma è poi successivamente, dall’incontro con Federica Busani – ora Business Developer e co-founder – che il Progetto di creare uno scudo contro il riconoscimento biometrico è diventata una vera e propria idea di business.

L’obiettivo è quello appunto di tutelare la privacy e i dati biometrici, nel tentativo di andare a ostacolare l’utilizzo improprio delle telecamere di riconoscimento facciale semplicemente ingannandole. Si chiamano “Adversarial Patches” e sono delle immagini basate su algoritmi che, trasposte su un tessuto direttamente nella texture (non stampate quindi), hanno la capacità di impedire la rilevazione della presenza di una persona. Come? Facendo credere al sistema delle FRT che si tratti di un animale, categorizzando dunque in modo non corretto il soggetto, che verrà inquadrato erroneamente.

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Attenzione particolare ai materiali: si tratta infatti di un tessuto made in Italy e privo di sostanze chimiche.

La collezione che ne deriva è attualmente oggetto di una campagna su Kickstarter, in attesa del lancio sul mercato: disponibilità (limitata) anche per un pre-order che consentirà di ricevere i primi capi da dicembre 2022.

Con Grounded Indigo la tintura dell’indaco diventa naturale e sostenibile

Moda e sostenibilità: un binomio ormai radicato e sempre più promettente che vede in prima linea le aziende del settore dal locale al globale. La ricerca di materie prime e processi green sta diventando obiettivo strategico universale e sono molteplici le realtà del territorio che si contraddistinguono per i progetti virtuosi.

Tra le imprese di cui abbiamo già parlato c’è lo storico cotonificio Albini Group di Albino, provincia di Bergamo. La nota azienda, eccellenza del Made in Italy che pone fra i propri valori cardine l’attenzione all’ambiente, ha recentemente ottenuto un premio al CNMI Sustainable Fashion Awards 2022, cerimonia a cura della Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con la Ethical Fashion Initiative delle Nazioni Unite svoltasi lo scorso 25 settembre presso il Teatro alla Scala di Milano.

The Groundbraker Award: questo il riconoscimento che Albini Group ha ottenuto per i progetti Grounded Indigo, realizzato con la statunitense Stony Creek Color, e Biofusion ®, di cui avevamo già trattato tempo fa. Il premio vuole dare lustro alle realtà che hanno saputo mettere in atto soluzioni innovative in risposta ai problemi legati alle pratiche di coltivazione intensiva, all’uso di sostanze tossiche nelle lavorazioni e all’impiego di materiali fossili di impatto negativo sulla terra.

Grounded Indigo è un progetto di tintura sostenibile che vede l’impiego sui filati di cotone bio tracciabili Biofusion ® di un colore indaco naturale, alternativa ai processi di colorazione impattanti e basati sull’impiego di sostanze sintetiche.

Un progetto a 360°, che testimonia come l’innovazione non può prescindere dalla sostenibilità e deve esserne alleata. La nostra azienda ha una visione chiara sul percorso che da più di dieci anni trova concreta attuazione nelle strategie produttive e nei progetti volti a creare una nuova consapevolezza sociale e ambientale, e che portano l’azienda a essere un vero pioniere dello sviluppo sostenibile

Stefano AlbiniPresidente di Albini

Stony Creek Color è l’unico produttore al mondo di indaco 100% BioPreferred™, standard certificato dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, per il quale opera una coltivazione rigenerativa. Albini_Next invece, innovation hub di Albini Group, si è occupato dell’industrializzazione del processo di tintura dal basso impatto ambientale.

Sempre in ottica di individuare delle soluzioni alternative alle colorazioni sintetiche, Albini Next sta inoltre collaborando con la start-up Bgreen Technology del cluster tecnologico Kilometro Rosso di Bergamo per sperimentare coloranti bio-based derivati dai funghi.

In Brianza, la Vertical Farm più Hi-Tech al Mondo

Abbiamo parlato in più occasioni, qui su Osservatorio Innovazione, del connubio tra agricoltura e innovazione, ma oggi una menzione d’onore va fatta alla più grande azienda agricola verticale in Europa, situata nella vicinissima Cavenago di Brianza.

È possibile che abbiate già comprato dell’insalata – o del basilico – a marchio “Planet Farms” presso la grande distribuzione: ogni giorno dal loro stabilimento vengono infatti movimentate circa 30 mila confezioni di prodotti agricoli freschissimi, ricchi di gusto e come già accennato, coltivati in verticale. Vale la pena sottolineare fin da ora, che dalla loro raccolta all’imbustamento, passano solo 60 secondi.

Questo, grazie alla progettazione di ambienti incontaminati dedicati ad ogni specifica varietà di ortaggio. Non solo quindi un mix studiato di luce, calore e umidità ma anche una maniacale attenzione nella formulazione del substrato utilizzato, categoricamente privo di parassiti, microorganismi patogeni e sostanze chimiche, in un ambiente micro filtrato e ventilato. Anche l’acqua arriva porzionata direttamente all’apparato radicale della piantina, eventualmente arricchita con sali minerali.

Date queste premesse, si capisce il perché possa venire meno la necessità di lavare il prodotto, e di come l’intero processo possa risparmiare fino al 95% dell’acqua utilizzata dalle più tradizionali metodologie di coltura. È così che dal taglio al confezionamento, le tempistiche possono accorciarsi drasticamente, a vantaggio della freschezza del prodotto.

Nulla viene lasciato al caso, nemmeno la quantità di luce LED ad alta efficienza dedicata ad ogni germoglio. Questa riproduce sì il passare delle giornate come delle stagioni, ma viene modulata anche a seconda della fase di crescita della piantina. Ovviamente anche la raccolta dell’ortaggio verrà effettuata nel momento più adatto, garantendo un gusto autentico, nel pieno rispetto della salute ( e dell’ambiente ).

Luca Travaglini e Daniele Benatoff, titolari di Planet Farms

Tutta la filiera è stata minuziosamente studiata da un team multinazionale di agronomi, biologi, ingegneri, tecnologi, guidati da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, titolari di Planet Farms. Loro, la visione inseguita nel voler restituire valore alla biodiversità, sviluppando un business “sostenibile quanto entusiasmante”.

Solo considerando l’innovazione come un mezzo per ottenere qualcosa di più grande, possiamo davvero fare succedere le cose ed essere parte del cambiamento…

Hanno lavorato per costruire la filiera verticale più tecnologicamente avanzata esistente, spinti dalla ricerca di un prodotto genuino e dal sapore autentico, coltivato però con il massimo rispetto per il Futuro. A parità di superficie, lo stabilimento produce 100 volte di più, vicino al consumatore finale, ottimizzando il consumo di acqua e abbattendo la problematica dello sfruttamento del suolo.

Il risultato è un prodotto sostenibile, sempre fresco, tracciato e garantito: tutto il ciclo produttivo è infatti controllato dall’occhio vigile di Gaia VF, un sofisticato sistema di intelligenza artificiale, che fa della trasparenza la sua forza.

Dal riciclo del polistirolo, un prodotto simile al legno

Un materiale simile al legno derivato dal riciclo del polistirolo: questo il prodotto innovativo frutto dall’impianto Nova Foam. Nato dalla collaborazione tra le aziende Officina Meccanica Gualco di Erba, Como, e LoadMec di Muggiò, Monza e Brianza, il macchinario opera in modo sostenibile e offre al mondo delle costruzioni un’alternativa ecologica a legnami e rivestimenti in plastica.

Abbiamo in più occasioni trattato degli imprenditori del territorio e del loro sempre maggiore coinvolgimento all’insegna dell’ambiente e delle strategie di economia circolare. Nova Foam si colloca proprio in questo contesto.

Presentato il 20 luglio a Muggiò durante l’evento Tutto si Trasforma di CNA Lombardia, associazione di cui fanno parte le due aziende brianzole, per la propria produzione l’impianto impiega esclusivamente polistirolo di riciclo, non necessita quindi né di materie prime né risorse esauribili.

Nessun consumo di acqua, né presenza di scarti da smaltire: una produzione green che per ogni chilo di polistirolo riciclato lavorato risparmia l’emissione di 3,1 chili di CO2.

Il prodotto innovativo vanta caratteristiche di performance ed efficienza tali da renderlo alternativa competitiva sia al legno che ad altri materiali di origine plastica comunemente impiegati nel settore edile e si presta ad essere sfruttato negli arredamenti per interni ed esterni.

Il composto, riutilizzabile anche a fine vita, è particolarmente resistente: non assorbe umidità, non degrada, ha una ridotta dilatazione termica e può anche essere reso antibatterico. Il materiale generato inoltre non necessita particolari manutenzioni e si presta a colorazioni personalizzabili.

Tra i progetti virtuosi di Officina Meccanica Gualco e LoadMec vanno annoverati anche Nova Lab, laboratorio di analisi che permette alle aziende produttrici di polistirolo di verificarne la riciclabilità, e LOM Group, marchio che ha come finalità lo sviluppo di idee sostenibili in ottica di circolarità delle risorse.

Siamo pronti a far conoscere il nostro progetto Nova-Foam, per questo siamo orgogliosi di contribuire nei fatti ad un possibile miglioramento dell’ambiente creando nuove opportunità di crescita per la nostra economia e contribuendo a far crescere la reputazione del Made in Italy
Mario Gualco, Officina Meccanica Gualco

DIH CdO Como e Menphis spa: “una collaborazione preziosa”

«Un produttore di plastica che affronta la tematica del riciclo e della sostenibilità: può sembrare una grande contraddizione. In realtà il nostro sogno nel cassetto è sempre stato quello di trovare la soluzione per essere meno impattanti sull’ambiente…»

Marco Menin, punto di riferimento del Management spiega con stato d’animo positivo come l’azienda di famiglia, la Menphis Spa, sta percorrendo la strada verso il raggiungimento di un traguardo che sembrava lontano ma che, in realtà, è diventato più accessibile giorno dopo giorno.

«Ci siamo sempre chiesti come affrontare l’argomento del riciclo con serietà e visione – spiega Menin – ma ci siamo sempre ritrovati nei meandri creati dal “cattivo” di questa storia: la burocrazia. Questo il motivo che ci ha indotto a muoverci con cautela, pur consapevoli, come peraltro abbiamo imparato frequentando il mondo CdO, di poter contare su un valido supporto, per un prezioso momento di analisi e confronto».

Da sinistra: Giacomo, Gilberto e Marco Menin

Analisi e confronto sono anche le solide basi sulle quali la Menphis ha avviato la collaborazione con C Quadra, partner tecnico del DIH CdO Como.

«Abbiamo apprezzato il “modus operandi” che ci hanno proposto. Ad un certo punto ci siamo resi conto che i dubbi sulla fattibilità del nostro progetto hanno lasciato spazio a più concrete certezze. Pian piano, la cautela ha lasciato posto alla consapevolezza che eravamo effettivamente di fronte ad una buona opportunità di sviluppo per la nostra azienda. Se arriveremo al successo è presto per dirlo, ma di sicuro un po’ di luce in fondo al tunnel, come si dice in questi casi, cominciamo a vederla».

«I nostri interlocutori – prosegue Marco Menin – hanno messo sul tavolo l’efficace capacità di sapersi ben destreggiare in un mondo, complicato e rumoroso, com’è quello del riciclo e della sostenibilità. Di più: il coinvolgimento di alcune aziende “glocal”, delle quali ignoravamo l’esistenza, ha risolto un altro dei principali dubbi che ci attanagliavano: rilevare un ostacolo lungo il cammino non deve essere un freno ma, al contrario, una situazione con la quale si può coesistere, senza per questo rinunciare all’obiettivo. È stato bello rendersi conto che il concetto “abbi fiducia che non sei solo…” punto cardine di CdO Como, non è per nulla astratto. Anzi: è esattamente il contrario».

L’evolversi della situazione, quindi, vi ha permesso di non riporre il sogno nel cassetto…

«Proprio così… Con nostra grande soddisfazione perché, ripeto, parlare di conversione e riciclo a chi la plastica, in realtà, la produce, può sembrare una contraddizione. Invece, grazie alla collaborazione con C Quadra possiamo prestare sempre più attenzione a tematiche legate al green. Con l’auspicio che, da qui in poi, potremo fare sempre meglio».

«Il momento di confronto, sano e costruttivo – conclude Marco Menin della Menphis Spa – ci ha permesso di migliorare la nostra visione sul futuro, grazie ad una azienda che entrando nel merito del nostro settore specifico, è stata abile a sviluppare ogni minimo dettaglio».

La collaborazione avviata con Menphis è uno dei tanti esempi di come le peculiarità insite nel Digital Innovation Hub possano permettere di raggiungere risultati anche oltre ogni aspettativa. O, meglio, risultati che disegnano i contorni di una situazione reale. Anche se il risultato finale è quello di un’idea che non ha futuro e che va rivista e corretta se non addirittura abbandonata.

La brianzola Candiani Denim e l’austriaca Lenzing in partnership per la sostenibilità

Un tema sempre più ricorrente: ne abbiamo parlato anche qualche settimana fa e crediamo finiremo per parlarne sempre di più.

Il binomio sostenibilità e innovazione, nel tessile, diventa sempre più concreto e sempre meno caratterizzante la fase di green washing degli anni scorsi.

Una sostenibilità tangibile che grazie all’innovazione raggiunge livelli sempre più elevati: questa volta il protagonista è la Candiani Denim, Azienda di tessuto di jeans sita in Robecchetto con Induno in provincia di Milano. Presieduta da Alberto Candiani, quarta generazione della famiglia fondatrice cui deve i natali nel lontano 1938, sta ora muovendo nella registrazione di un brand completamente ecosostenibile.

Grazie alla collaborazione con l’austriaca Lenzing specializzata nelle fibre di cellulosa da legno, è riuscita nella creazione di una nuova collezione che vede la miscelazione tra il tessuto stretch biologico Coreva e la fibra di cellulosa derivata dalla canapa.

Una Limited Edition che ha combinato il denim in tessuto che si converte in humus, aumentando la fertilità del terreno del 20%, frutto di un precedente Progetto da cui era nata Coreva, insieme al Tencel di Lenzing, una nuova fibra cellulosica totalmente “Tree-Free”, completamente alternativa alla polpa di legno.

La canapa è infatti la vera protagonista: ne risulta così un tessuto morbido e molto confortevole oltre che altamente sostenibile grazie alle caratteristiche principali del vegetale da cui deriva, ovvero una pianta spontanea che cresce molto velocemente, riducendo praticamente a zero l’impatto derivante da un suo utilizzo.

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Julia Ulrich, project manager di Lenzing, evidenzia come

Purtroppo il fashion system ha dato adito a un processo di green washing che è paradossalmente più dannoso della stessa sovrapproduzione, perché convince il consumatore di star acquistando un capo equosolidale, quando invece non lo è.

E proprio nella direzione opposta al green washing si sta attentamente ponendo Candiani

[…] siamo stati pionieri nell’eco-sostenibilità nel nostro segmento perché producendo in Italia, dove i costi industriali sono elevati, abbiamo dovuto curare maniacalmente l’efficienza per sopravvivere, ovvero consumare il meno possibile ed ingegnerizzarci per realizzare una produzione ottimizzata che risparmiasse materie prime, prodotti chimici e acqua o che combinasse al cotone altre fibre, possibilmente naturali o riciclate, per rendere sostenibile la nostra economia d’azienda. Un processo iniziato già con mio padre, e ancor prima con mio nonno, che ai loro tempi erano già ossessionati dalle nuove tecnologie.

Una filiera, quella del jeans, caratterizzata da sempre da un impatto marcato sia sull’ambiente con i suoi elevati consumi di acqua e materiali, che sul personale (basti pensare al processo di sabbiatura per dare l’”effetto usura” sul jeans – e la correlata inalazione di polveri – oggi sostituita con il laser).

È per questi motivi, ovvero per la complessità del processo, che serve l’impegno di tutti: progettazione, tintura, filati, post-trattamenti, ed ultimi ma decisivi i consumatori.

Canepa, innovazione e sostenibilità: questa la strategia per il futuro

Dopo tutte le incertezze degli ultimi anni, dal regime di concordato alle obbligate dinamiche post pandemiche, la storica Azienda di tessuti di alta fascia Canepa sta recuperando terreno nel mercato italiano, con una nuova consapevolezza sul potenziale delle proprie singole divisioni. Cravatteria e accessori per l’uomo, tessuti per l’abbigliamento principalmente per la donna, una prima linea dedicata ai tessili per la casa, un’apertura verso una proposta che potremmo definire più casual.

Il core business rimane incentrato su un’ampia offerta di tessuti, tra jacquard e uniti, tinto filo, tinto pezza e stampati. Di fondamentale impatto la componente eco-sostenibile dei filati e delle lavorazioni.

A partire dalla collezione AI 2023-2024, si vedranno i primi risultati concreti dell’impegno preso in questa direzione: innanzitutto, verrà presentata una gamma di prodotti chiamata “Once More”, nata dalla collaborazione esclusiva con Södra, grande realtà svedese operante nell’industria forestale, strategicamente orientata allo sviluppo di nuovi prodotti rinnovabili e sostenibili. 

Risultato di questa partnership, un prodotto in filato di cellulosa – meglio noto come viscosa – ottenuto per il 20% da cellulosa di cotone recuperata dalla lavorazione di rifiuti tessili, e dal 60% da pura cellulosa di legno. Una strada sostenibile che ha come destinazione un tessuto circolare, ottenuto da una polpa caratterizzata da un’eccellente lavorabilità e da un’elevata brillantezza. Una strada dalla destinazione ben delineata: arrivare ad un 50/50 tra materiale legnoso – rigorosamente certificato FSC – e materiale tessile recuperato entro il 2025.

Invece, nel dipartimento interno di ricerca e sviluppo CanepaEvolution, ci si muove verso una maggiore sostenibilità lato fibre sintetiche e tessuti tecnici: nello specifico, Canepa ha già presentato un tessuto in nylon biodegradabile, capace di decomporsi al 100% in assenza d’ossigeno senza rilasciare micro plastiche.

È proprio il nuovo Director Of Sales And Marketing Patrick Lönn Wennberg a confermare il crescente interesse aziendale verso l’innovazione e lo sviluppo di un filato più tecnico, al fine di completare la proposta tessile offerta. Questa la strategia per riguadagnarsi le quote di mercato italiane, sempre però con un occhio di riguardo verso la Francia, Paese europeo dove maggiormente si concentra il mercato del lusso.

Anche sul fronte digital, sono previsti investimenti: ad esempio, la già iniziata digitalizzazione dell’enorme archivio storico – tramite un sofisticato scanner 3D – non solo permetterà una sua più facile e completa fruizione ma renderà maggiormente raggiungibili anche nuovi Clienti, magari geograficamente molto distanti, abbattendo eventuali problematiche future legate agli spostamenti internazionali.

In questo nuovo piano industriale, rientrano anche alcune aperture strategiche di corner e shop-in-shop in prestigiose località di villeggiatura. 

In Piazza Duomo a Como il cestino è intelligente

Si chiama WasteMate ed è un cestino intelligente, innovativo e assolutamente green.

In grado di raccogliere rifiuti per 5 cestini di pari dimensioni, è dotato al suo interno di un compattatore, ovvero di una pressa in grado di ridurre il carico interno e quindi di andare ad ottimizzare la raccolta dei rifiuti.

Grazie a sensori e sistema GPS può poi inviare dati a un software connesso da remoto e ad apposita app, in tempo reale circa il livello di riempimento. Grazie all’app, sarà anche possibile bloccarne l’apertura da remoto nel corso di manifestazioni o qualora si temesse un uso improprio di WasteMate.

E non solo: è alimentato ad energia solare, grazie a dei pannelli posti sul tettuccio, e non richiede quindi nessuna alimentazione mediante allaccio alla rete elettrica.

Queste le principali caratteristiche di WasteMate che semplifica e velocizza anche il lavoro dell’operatore che può intervenire solo nel momento in cui effettivamente necessario.

Attualmente è stato installato in Piazza Duomo a Como, in posizione centrale seppur defilata, grazie a Aprica SPA, A2A e Spazio Verde. Già utilizzato in diverse città italiane, è ora in fase di test sulla Città di Como, dove rimarrà per circa tre mesi, in prova. Ma gli eco-compattatori non sono una novità ed, anzi, sono addirittura ora nominati tra gli strumenti in grado di favorire la transizione ecologica: più nello specifico, quelli destinati alla raccolta delle bottiglie di plastica e, quindi, alla riduzione della dispersione della plastica nell’ambiente, si vedono destinati ben 27 milioni di euro di fondi dal PNRR.

La versione di WasteMate presente su Como, può in realtà accogliere soltanto materiale indifferenziato di diverso tipo ad eccezione del vetro: attenzione dunque, al conferimento di materiali non idonei!

Ivan Matteo Lombardi, il neo Assessore al Verde, ai Parchi, ai Giardini, all’Ambiente, ai Finanziamenti pubblici e comunitari e alle Sponsorizzazioni, evidenzia come l’intento sia quello di andare ad acquisirne ulteriori da distribuire sul territorio cittadino. Auspichiamo sia anche possibile l’acquisizione di WasteMate differenti per poter, appunto, differenziare la raccolta!

Lino, filato antico dagli impieghi innovativi

Un filato tradizionale che si attesta a risorsa all’avanguardia: la coltura e filatura del lino ha radici antiche, ma la sua resistenza e l’estrema sostenibilità di produzione ne rendono l’impiego strategico tanto nel tessile quanto in altri settori merceologici.

Da alcuni anni il Lanificio e Canapificio Nazionale, storica società bergamasca fondata nel 1873, con il proprio Centro di Ricerca e Sviluppo Liniero, è concentrata sulle applicazioni della fibra di lino in settori extra tessili per valorizzarne il potenziale e dare risposte tangibili alle sfide green del nostro secolo.

Sempre sensibile all’etica ambientale, la società del Gruppo Marzotto, diventata anche Società Benefit dal 2021, ha confermato il proprio impegno a tutela del territorio dando vita al progetto LINCREDIBILE® e a un composto in lino e canapa ideale per le carrozzerie dei veicoli.

LINCREDIBILE® nasce in partnership con l’azienda bolognese Kuku International Packaging e vede la realizzazione di un imballaggio per il confezionamento alimentare in filati di lino, completamente biodegradabile e sostenibile. Un prodotto che ha visto la luce dopo tre anni di esperimenti e che, in armonia con il Green Deal europeo, può sostituire le reti di plastica attualmente impiegate per frutta, verdura e frutti di mare.

Prodotto green non solo per il contributo alla riduzione dell’inquinamento generato dalla diffusione massiva di microplastiche, ma anche perché la coltivazione del lino esige consumi ridotti di acqua, e non necessità di particolari agenti chimici nei processi di lavorazione.

Il Linificio e Canapificio Nazionale insieme a Fibertech Group, realtà di Varese specializzata nella realizzazione di filati high tech, si occupa inoltre della realizzazione di materiali altamente performanti compositi con lino e canapa, da impiegare nelle carrozzerie di auto, barche e aerei in sostituzione di quelle artificiali.

Rispetto al carbonio, le fibre naturali non solo apportano vantaggi in termini di sostenibilità e smaltimento, ma anche di performance per il minor peso e per la spiccata resistenza. Le Alfa Giulia ETCR della scuderia Romeo Ferraris sono state le prime a sperimentare l’impiego del filato realizzato in alcune componenti della carrozzeria durante la finale del campionato PURE ETCR lo scorso ottobre.

“L’utilizzo della fibra di canapa per alcune componenti della carrozzeria dimostra, da un lato, la nostra costante ricerca di miglioramenti e innovazioni per il progetto Giulia ETCR, dall’altro il desiderio di offrire un contributo concreto alla ecosostenibilità”

Michela Cerruti, Team Principal Romeo Ferraris