Si chiama Nanobond, Nanomateriali nella bonifica e disidratazione di sedimenti marini e fluviali contaminati: è il progetto di sviluppo di nanomateriali ecocompatibili per il ripristino delle acque inquinate. Una ricerca finanziata dalla Regione Toscana attraverso il Bando di Ricerca, Sviluppo ed Innovazione POR FESR 2014-2020 e coordinata dalla professoressa Ilaria Corsi, ecologa del dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente dell’Università di Siena.
Acque Industriali srl è l’azienda capofila del progetto di ricerca Nanobond a cui hanno contribuito diversi partner privati e pubblici: Bartoli spa, Biochemie LAB srl, Ergo srl, Labromare srl, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA), l’Agenzia per lo Sviluppo Empolese Valdelsa (ASEV), e il consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali con le Università di Siena, di Pisa, di Torino e il Politecnico di Milano.
Carta riciclata e tuberi: ecco i componenti utilizzati in questo studio che vede la proficua collaborazione di industria e ricerca. Le nanospugne vengono infatti realizzate con nanomateriali derivati dal recupero degli scarti: la cellulosa dalla carta da macero e l’amido dai rifiuti organici. Il progetto opera quindi nel totale rispetto della sostenibilità secondo i principi dell’economia circolare.
La bonifica viene messa in atto sia attraverso il filtraggio meccanico dei geotessili drenanti che con l’utilizzo concomitante delle nanospugne. Queste sono in grado di decontaminare quanto stoccato dai geotessili assorbendo sia i rifiuti organici che quelli inorganici.
Finanziato dalla Regione Toscana il progetto “#Nanobond, #nanomateriali per la bonifica associata a dewatering di matrici ambientali”.
Coordina la prof.ssa Ilaria Corsi, del dip. di Scienze fisiche, della Terra e dell’ambiente dell’#Università di #Siena.https://t.co/Vr5chh5CzA pic.twitter.com/sOGnaCC29H— Università di Siena (@unisiena) January 19, 2021
La rimozione degli agenti inquinanti per azione di questi materiali nanostrutturati origina un procedimento di nanoremediation, metodo di risanamento ambientale che prevede appunto l’applicazione e l’utilizzo di nanoparticelle.
I nanomateriali atossici individuati non soltanto risolvono il problema della contaminazione dell’acqua marina e fluviale, ma sono in grado di farlo in maniera ecologica, nel totale rispetto della sicurezza ambientale.
Gli studi realizzati dal team di progetto hanno permesso inoltre l’elaborazione di linee guida regolamentative inerenti l’impiego di nanomateriali ecocompatibili nel settore del dragaggio idraulico, iniziando a colmare un vuoto legislativo nazionale ed europeo.
Per Nanobond non sarà registrato brevetto “in quanto si tratta di un progetto finanziato con fondi pubblici e deve essere quindi alla portata di tutti ai fini di avere delle nanotecnologie efficaci e sicure per il settore delle bonifiche ambientali” dichiara la professoressa Corsi.
Non esigendo l’installazione di impianti di depurazione, oltre a garantire un trattamento di risanamento ecocompatibile l’impiego delle nanospugne permetterebbe un risparmio sostanziale nelle pratiche di bonifica, vantaggio significativo in particolare per le aree idriche più ampie.