Oggetto del Progetto BASALTO, Nuovi materiali BAsati Su Alginati per la rimozione del particolaTO aerodisperso, si chiama SUNSPACE ed è un materiale innovativo, ecologico, riciclabile ed anche economico.
Realizzato in collaborazione tra l’Università degli Studi di Brescia, di Trieste e di Bologna, è stato finanziato da INSTM, ovvero il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza che riunisce 49 atenei, e Regione Lombardia, ed ha già ricevuto più d’un riconoscimento. L’ultimo (non certo per importanza) l’Energy Globe Award 2021 dove seppur non come vincitore è andato a collocarsi tra i finalisti per la categoria Air.
SUNSPACE deve la sua scoperta all’Horizon Prize – Materials for Clean Air cui il Progetto BASALTO ha cercato di dare risposta. Coordinatrice del team di ricerca è la Professoressa Elza Bontempi del Laboratorio di Chimica per le Tecnologie dell’Università di Brescia, ricercatrice su eco-materiali derivanti da rifiuti. Insieme a lei, il Professor Tiziano Montini dell’Università degli Studi di Trieste e il Professor Ivano Vassura dell’Università degli Studi di Bologna.
Abbiamo preso ad esempio la capacità delle foglie di assorbire il particolato atmosferico, quindi abbiamo sperimentato diverse tipologie di paste, ovvero di materiali che consentono di ottenere impasti morbidi, non tossici, sostenibili e modellabili ottenuti mescolando con acqua gli alginati di sodio (derivati dalle alghe) e altri materiali comuni a basso costo
spiega la Coordinatrice del team di ricerca. L’idea era dunque quella di andare a definire composizione e struttura di un eco-materiale in grado di assorbire e quindi ridurre le polveri sottili, particelle inquinanti tanto sottili e di dimensioni così ridotte da rimanere nell’atmosfera (e finire dunque nei nostri polmoni) sino all’arrivo di una pioggia.
A Brescia si è deciso di procedere testando l’utilizzo delle ceneri pesanti, scarto del processo di termovalorizzazione, in ottica di economia circolare. Per rendere poi porosa la superficie del materiale si è deciso di andare ad aggiungere il bicarbonato di sodio, tanto elementare quanto economico, in grado di andare a formare delle “bolle” di varie dimensioni sul materiale composito.
E proprio grazie a queste bolle, le prime sperimentazioni hanno dimostrato che il materiale poroso è in grado di assorbire 24g/mq di particolato fine: un successo notevole se si pensa che è addirittura maggiore di quello ottenuto dalle foglie!
Ma non è ancora finita: mentre grazie all’interessamento della London School of Architecture si sta cercando di dare al materiale differenti colorazioni mediante l’introduzione di additivi naturali, è attualmente in fase di studio la possibilità di rendere SUNSPACE meccanicamente più resistente grazie alla collaborazione con ITALCEMENTI.
Per il momento modellarlo non è semplice, proprio perché ha caratteristiche diverse da quelle di un materiale classico e la sua porosità, frutto dell’utilizzo del bicarbonato di sodio, non ha una struttura sempre ripetibile, che dipende anche da quanta acqua viene utilizzata.
Elza Bontempi, Università degli Studi di Brescia
Un materiale dai promettenti utilizzi in architettura e bio-edilizia, soprattutto considerando che si presenta simile ad un intonaco che può essere poi ripulito e, quindi, rigenerato una volta lavato (con la pioggia).
Non tutto rose e fiori però. Purtroppo, seppur da un lato SUNSPACE vanta il riconoscimento di materiale derivante da economia circolare e quindi di materiale prodotto mediante il riutilizzo degli scarti industriali, dall’altro lato è da evidenziare come ancora manca una normazione per l’utilizzo di tali materiali considerati rifiuti. Un vuoto normativo che ci si auspica venga presto colmato, anche per la rilevanza del tema all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Per approfondire:
Zanoletti, A., Bilo, F., Borgese, L., Depero, E. L., Fahimi, A., Ponti, J., Valsesia, A., La Spina, R., Montini, T., Bontempi, E. (2018) SUNSPACE, A Porous Material to Reduce Air Particulate Matter (PM), Frontiers in Chemistry, Vol. 6, pp.534, https://doi.org/10.3389/fchem.2018.00534