Un team di ricercatori dell’Università di Washington ha sviluppato un piccolissimo drone in grado non soltanto di evitare gli ostacoli che si trova davanti, ma anche di rilevare odori.

Come? Grazie alla Manduca Sexta, ovvero una falena. Sembra impossibile ma il progetto di ricerca di cui Melanie Anderson (studentessa di Dottorato in Ingegneria Meccanica) è autore principale, deve le sue capacità di rilevare odori proprio alla falena.

“Utilizzando una vera antenna di falena, con Smellicopter siamo in grado di ottenere il meglio da due mondi: la sensibilità di un organismo biologico e la possibilità di controllare il movimento di una piattaforma robotica.”

Le falene, infatti, riescono a rilevare con le proprie antenne la presenza di sostanze chimiche nell’ambiente e muoversi verso cibo o potenziali compagni. Unire tali potenzialità a un piccolo drone manovrabile e in grado di evitare gli ostacoli, rende gli sviluppi futuri ancor più promettenti.

A drone with an antenna being attached with tweezers

Ma vediamo come funziona, passo-passo. Gli insetti vengono anestetizzati nel frigorifero per poi procedere alla rimozione di una delle due antenne. Una volta prelevata, questa viene poi inserita su un piccolo drone quadricottero portatile e opensource e collegata a due piccoli fili a loro volta collegati ad un circuito elettrico.

Al drone, in grado di evitare ostacoli grazie a 4 sensori a infrarossi, sono poi state inserite due piccole ali di plastica sul retro in modo tale da creare resistenza e renderlo così funzionale anche nel vento.

Smellicopter è programmato per muoversi verso sinistra e verso destra fino ad individuare un odore ed andare quindi poi a dirigersi nella sua direzione. Non utilizza il GPS, bensì una fotocamera in modo molto simile a come gli insetti utilizzano i propri occhi.

Tutte queste particolarità lo rendono adatto all’esplorazione di spazi interni o sotterranei, a rilevare la presenza di sostanze chimiche nell’aria, per individuare sopravvissuti a disastri, fughe di gas, esplosivi, ecc.

I risultati sinora ottenuti sono stati pubblicati lo scorso ottobre sulla rivista IOP Bionspiration & Biomimetics.

Thomas Daniel, Professore di Biologia, coautore dell’articolo e co-supervisor della Dott.ssa Anderson, evidenzia come

“Le cellule in un’antenna di falena amplificano i segnali chimici. […]
Il processo derivante è così super efficiente, specifico e veloce”

Altri coautori del progetto sono Sawyer Fuller (Assistente Professore di Ingegneria Meccanica alla Università di Washington), Joseph Sullivan (studente di dottorato in ingegneria elettrica e informatica dell’UW), Timothy Horiuchi (Professore Associato di Ingegneria Elettrica e Informatica presso l’Università del Maryland).

La ricerca è stata finanziata dalla National Defence and Engineering Graduate Fellowship, la Washington Research Foundation, la Joan and Richard Komen Endowed Chair e infine l’Air Force Office of Scientific Research insieme all’Air Force Center of Excellence on Nature-Insired Flight Technologies and Ideas.

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