La piattaforma IoT per il fashion Eon in partnership con Microsoft, H&M, Accenture, Waste Management e diverse altre realtà, sta lavorando allo sviluppo di un protocollo di linguaggio standard per definire e rendere accessibili informazioni sui prodotti di abbigliamento, attribuite non a un brand, non a una tipologia di prodotto, ma al singolo articolo.
Il progetto CircularID™ nasce nel 2018: un servizio che fornisce a ciascun capo di abbigliamento un’identità digitale specifica che lo accompagnerà per il suo intero ciclo vitale. Non solo indicazioni standard quali brand, prezzo e composizione dei materiali, ma anche una serie di dati aggiuntivi, atti a definire la storia del prodotto stesso: dalla tipologia e modalità di tintura ai dati di noleggio, dalle informazioni sugli store responsabili delle precedenti vendite alle indicazioni sul riciclo degli articoli rigenerati.
Attualmente è in sperimentazione la versione pilota del progetto di Eon che condurrà al lancio di CircularID™ nel 2021. Natasha Franck ha fondato la piattaforma IoT nel 2015 con l’intento di facilitare un nuovo modello di business, basato sull’economia circolare. La ricerca di modalità commerciali alternative al fast fashion che si caratterizzino come sostenibili per l’ambiente, la società e l’economia è una sfida percepita sempre più come focale nei settori di moda e retail, abbiamo trattato il tema anche qui.
Il linguaggio condiviso dal protocollo in sperimentazione permette di digitalizzare i prodotti e di connettere le identità digitali al capo fisico attraverso identificatori quali QR, RFID, NFC e Bluetooth LE. Tutte le informazioni archiviate contribuiscono a dare valore dell’indumento stesso e sono fruibili non solo dagli addetti ai lavori, come già in parte avviene, ma soprattutto dai clienti, il cui grado di coinvolgimento risulta sempre maggiore, a vantaggio delle relazioni di fedeltà con brand o store di riferimento.
CircularID™ vuole proporsi come linguaggio standard di un modello commerciale di economia circolare che faccia del riuso e della sostenibilità non soltanto un vantaggio per l’ambiente, ma anche una nuova possibilità di commercio. Il protocollo potrebbe condurre i brand a produrre capi più duraturi, a prevedere il riuso dei prodotti in circolazione, a sviluppare business basati sui servizi più che sui prodotti stessi e, per effetto della trasparenza esibita, a definire il migliore valore economico in caso di rivendita e gestione dell’usato.