Abbiamo in precedenti articoli parlato dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in campo sanitario e dei suoi promettenti risvolti. Era del MIT il progetto che riusciva ad individuare i soggetti positivi al Coronavirus grazie all’AI e all’analisi del colpo di tosse.

Più vicine a noi, e più precisamente provenienti dalla Svizzera EPFL, arrivano ora due nuove ricerche. DeepBreath e DeepChest: la prima, più simile al progetto del MIT, esamina suoni respiratori, mentre la seconda, analizza immagini ecografiche polmonari.

Mary-Anne Hartley, medico ricercatore, alla guida del team di ricerca, ha lavorato sui due progetti, sviluppando nuovi algoritmi in grado di diagnosticare con precisione il COVID-19.

 

“Vogliamo creare strumenti solidi e affidabili, che vadano oltre questa pandemia. […] Speriamo che lo slancio continui e possa essere utilizzato per consentire un accesso equo all’assistenza sanitaria.”

Mary-Anne Hartley

 

DeepChest ha visto il coinvolgimento dell’Ospedale Universitario di Losanna: con la guida della Dottoressa Noémie Boillat-Blanco, si è proceduto dal 2019 ad oggi alla raccolta di migliaia di immagini ecografiche polmonari. Il progetto, infatti, nasceva per identificare i marcatori che meglio potevano distinguere tra una polmonite virale ed una batterica. Nel 2020 il focus si è spostato in parte, andando a centrarsi totalmente sul Coronavirus.

DeepBreathe invece ha coinvolto l’Ospedale dell’Università di Ginevra e il Professor Alain Gervaix, M.D., presidente del Dipartimento di donne, bambini e adolescenti, che dal 2017 ha raccolto il suono del respiro per la costruzione di uno stetoscopio digitale intelligente. “Pneumoscopio”: originariamente creato per la diagnosi della polmonite è stato nel 2020 “corretto” per il riconoscimento del Coronavirus. Le registrazioni hanno poi permesso a EPFL di sviluppare l’algoritmo DeepBreathe, che dai primi risultati, sembrerebbe in grado di rilevare anche COVID-19 asintomatico.

Attualmente si sta lavorando per sviluppare un’app per mobile che consenta agli algoritmi di poter funzionare anche su telefoni cellulari, anche nelle regioni più isolate. Contemporaneamente, e sempre nella stessa direzione, si procede al raccoglimento di ulteriori dati, provenienti da comunità sotto rappresentate, per l’estensione dell’utilizzo dei modelli anche nella distinzione tra polmonite virale e batterica, per la riduzione dell’uso di antibiotici e, soprattutto, per la riduzione dell’elevato numero di bambini vittime di polmonite nei contesti poveri.

 

Previous articleLa sicurezza sul lavoro si insegna con la realtà virtuale
Next articleChiavi inviolabili per la protezione dei nostri dispositivi