In diverse occasioni, qui su Osservatorio Innovazione, abbiamo raccontato di progetti di ricerca basati su machine learning ed addestramenti di reti neurali profonde. Passando dalla prevenzione medica, all’ottimizzazione di ologrammi, questi studi partivano sempre da specifici set di big data, i quali permettevano all’intelligenza artificiale di imparare e far esperienza.

Il progetto del quale parleremo oggi, non avrà invece le stesse basi di partenza. 

L’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Agenzia spaziale Europea, collaboreranno per due anni al fine di identificare, utilizzando le immagini satellitari, siti archeologici non ancora portati alla luce. Cultural Landscapes Scanner – questo il nome del progetto, partirà con pochissimo materiale fruibile e con l’ambizioso obiettivo della fotointerpretazione automatica. 

Non essendoci dunque un database di immagini archeologiche adeguate, il team di ricerca, guidato da Arianna Traviglia, dovrà sviluppare un’intelligenza artificiale basata su particolari algoritmi, in grado di analizzare immagini satellitari multispettrali, e da queste, individuare piccole alterazioni della vegetazione che possano indicare la presenza di resti nel sottosuolo.

La biomassa vegetale, con immagini in “verocolore” non mostra alcuna traccia di ciò che potrebbe nascondersi nel sottosuolo, ma un telerivelamento con spettro infrarosso, potrebbe individuare strutture solide interrate, quali edifici dei Romani, tracce di colonie della Magna Grecia o anche antiche costruzioni Etrusche. Tutto nascosto, ma individuabile attraverso firme spettrali rivelate grazie alla biomassa vegetale. 

Cerchiamo tracce invisibili all’occhio umano, che mostrino la presenza di stratigrafia archeologica. […] La cosa importante non è tanto scavare qualsiasi cosa ci sia sotto, quanto sapere che c’è: magari per progettare diversamente il passaggio di un’autostrada, oppure organizzare investimenti per proteggere l’area

Arianna Traviglia,
Researcher and Coordinator of IIT Centre for Cultural Heritage Technology (CCHT)

Queste informazioni potrebbero dunque avere usi e scopi diversi, dall’identificazione di scavi non autorizzati a diverse applicazioni di archeologia preventiva. Non solo informatica quindi, ma anche storia, archeologia e geologia… Un progetto estremamente complesso che finora nessuno è riuscito a realizzare, che “verrà affrontato con interdisciplinarità e fantasia”. 

Questo progetto (si ipotizza) potrà portare ad un possibile servizio anche per la piattaforma Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea.

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